Come molti anche io mi domando cos'è giusto...
vivere ad ogni costo anche quando siamo aiutati dalle macchine oppure lasciare che tutto sia spento...e seguire la natura.
Mi domando allora perché a noi umani c’è stato dato modo di progredire, di inventare, di guarire da malattie che un tempo ci portavano alla morte.
Non è facile decidere oggi pensando a domani.
E se tra qualche tempo la scienza scoprisse nuovi modi per guarire?
Io sono combattuta, tra la scienza e cosa?
Io che credo in Dio penso che Lui ci abbia dato tantissime opportunità e possibilità.
Ci ha reso intelligente oltre ogni modo, credo che fin tanto si è vivi tutto deve essere provato, tentato ma…
Ma è vita vegetare in un letto?
È vita non poter camminare, parlare, rispondere, lavarsi, mangiare, amare, cantare, ballare, sorridere, abbracciare, scrivere?
Ma è vita pensare, ascoltare, sognare la propria guarigione…
Che orribile dilemma, scegliere oggi per domani.
TESTAMENTO BIOLOGICO
giovedì 7 agosto 2064
martedì 19 aprile 2011
Giancarlo Brignone
Giancarlo Brignone convive con la SLA dal 2006.
Per mano di un'amico, ha inviato a InfermierIN il suo video-testamento biologico affinché ne dessimo diffusione.
Giancarlo comunica con un comunicatore a puntamento oculare. Uscito dal silenzio, ha voluto far sentire la sua voce attraverso questa testimonianza forte nei contenuti ma che rispecchia il volere di molti malati di SLA.
Paolo Ravasin
Io PAOLO RAVASIN nato a Ceggia, in provincia di Venezia il quattro aprile 1960, attualmente ospite presso la Casa Soggiorno Villa delle Magnolie a Monastier, in provincia di Treviso e sono stato adeguatamente informato, nel corso di approfonditi colloqui con il dottor Agostino Paccagnella (06.02.08) e il dottor Guido Zerbinati (06.02.08 e 13.02.08) alla presenza del dottor Camillo Barbisan Presidente del Comitato di Bioetica dell’ULSS 9, dell’evoluzione della mia malattia e della conseguente indicazione ai relativi trattamenti.
In particolare per quanto riguarda la possibilità di nutrirmi ed idratarmi. La mia ferma, convinta e documentata volontà in proposito è la seguente:”nel momento in cui non fossi più in grado di mangiare o di bere attraverso la mia bocca oppongo il mio rifiuto ad ogni forma di alimentazione e di idratazione artificiale sostitutive della modalità naturale.
Tale rifiuto è da ritenersi efficace anche nella circostanza in cui perdessi qualsivoglia capacità di esprimere e ribadire la mia volontà. Inoltre, a partire dal momento in cui non fossi più in grado di nutrirmi e idratarmi attraverso la mia bocca rifiuto la somministrazione di qualsiasi terapia medica destinata a trattare la malattia di cui sono affetto e oltre altre patologie sopravvenienti intese come complicazioni.
Accetto unicamente i farmaci necessari a trattare i sintomi dolorosi derivanti, in particolar modo, dalla disidratazione nella modalità di somministrazione che il mio medico – dottor. Guido Zerbinati o i suoi sostituti – riterrà appropriata. Affermo di essere stato informato e quindi sono pienamente consapevole delle conseguenze a cui mi espongo mediante tale rifiuto che tuttavia considero quale mia insuperabile manifestazione di volontà. Infine oppongo il mio rifiuto ad ogni trasferimento in strutture ospedaliere”.
Non essendo in grado di sottoscrivere materialmente tale documento a causa della mia infermità attribuisco al medesimo il valore di espressione della mia autentica volontà attraverso una videoregistrazione nel corso della quale ho letto la lettura di questo testo al quale ho dato oralmente il mio assenso e che viene sottoscritto dai testimoni presenti.
In particolare per quanto riguarda la possibilità di nutrirmi ed idratarmi. La mia ferma, convinta e documentata volontà in proposito è la seguente:”nel momento in cui non fossi più in grado di mangiare o di bere attraverso la mia bocca oppongo il mio rifiuto ad ogni forma di alimentazione e di idratazione artificiale sostitutive della modalità naturale.
Tale rifiuto è da ritenersi efficace anche nella circostanza in cui perdessi qualsivoglia capacità di esprimere e ribadire la mia volontà. Inoltre, a partire dal momento in cui non fossi più in grado di nutrirmi e idratarmi attraverso la mia bocca rifiuto la somministrazione di qualsiasi terapia medica destinata a trattare la malattia di cui sono affetto e oltre altre patologie sopravvenienti intese come complicazioni.
Accetto unicamente i farmaci necessari a trattare i sintomi dolorosi derivanti, in particolar modo, dalla disidratazione nella modalità di somministrazione che il mio medico – dottor. Guido Zerbinati o i suoi sostituti – riterrà appropriata. Affermo di essere stato informato e quindi sono pienamente consapevole delle conseguenze a cui mi espongo mediante tale rifiuto che tuttavia considero quale mia insuperabile manifestazione di volontà. Infine oppongo il mio rifiuto ad ogni trasferimento in strutture ospedaliere”.
Non essendo in grado di sottoscrivere materialmente tale documento a causa della mia infermità attribuisco al medesimo il valore di espressione della mia autentica volontà attraverso una videoregistrazione nel corso della quale ho letto la lettura di questo testo al quale ho dato oralmente il mio assenso e che viene sottoscritto dai testimoni presenti.
UMBERTO VERONESI
Io ho fatto il testamento biologico qualche anno fa, e per tre motivi. Per riaffermare le mie convinzioni sulla libertà di disporre della propria vita. Per l’amore profondo verso i miei familiari, che non voglio siano mai straziati dal dubbio sul che fare della mia esistenza. Per il rispetto verso i medici che si prenderanno cura di me. Ho voluto anche renderlo pubblico: «Io sottoscritto Umberto Veronesi, ..., nel pieno delle mie facoltà mentali e in totale libertà di scelta, dispongo quanto segue: in caso di malattia o lesione traumatica cerebrale irreversibile e invalidante chiedo di non essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico o di sostegno (nutrizione e idratazione)... Queste mie volontà dovranno essere assolutamente rispettate dai medici che si prenderanno cura di me...».
Considero il testamento biologico l’atteggiamento più corretto soprattutto verso i medici curanti, cioè verso chi si troverà, concretamente, ad avere la responsabilità terapeutica di un individuo non più consapevole. Nel febbraio 2009 il giurista Stefano Rodotà, argomentando intorno al caso di Eluana Englaro, ha scritto: «Proprio nell’art. 32 il tema della costituzionalità della persona si manifesta con particolare intensità. Dopo aver considerato la salute come diritto fondamentale dell’individuo, si prevede che i trattamenti obbligatori possono essere previsti solo dalla legge, e tuttavia “in nessun caso” possono violare il limite imposto dal “rispetto della persona umana”. E’, questa, una delle dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall’articolo 13 per la libertà personale, che ammette limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice. Nell’articolo 32 si va oltre. Quando si giunge al nucleo duro dell’esistenza, della necessità di rispettare la persona umana in quanto tale, siamo di fronte all’indicibile. Nessuna volontà esterna, fosse pure coralmente espressa da tutti i cittadini o da un parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell’interessato. Siamo di fronte a una sorta di nuova dichiarazione di Habeas corpus, a un’autolimitazione del potere».
Il testamento biologico, che certifica la volontà dell’interessato, è quindi lo strumento più adatto a far sì che nessuna volontà esterna possa prevalere. A questo principio si ispirò nel 1997 la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina, il cui articolo 9 prevede che vengano tenuti in considerazione «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà». Per quanto riguarda il nostro Paese, il 18 dicembre 2003 il Comitato nazionale per la bioetica approvò un documento in cui si auspicava un intervento del legislatore volto a obbligare il medico a prendere in esame le dichiarazioni anticipate di volontà e a motivare ogni diversa decisione in cartella clinica. Purtroppo tutto si è fermato per il timore, da parte di chi è contrario all’eutanasia, che proprio il testamento biologico le aprisse un varco.
Così nella primavera del 2010, mentre una perfetta operazione mediatica presentava con grande risalto l’entrata in vigore della legge che organizza e finanzia le cure palliative, alla Camera, dov’è in gestazione la legge sul testamento biologico, passava tra le proteste di pochi un emendamento che inficia gravemente il diritto all’autodeterminazione del paziente: alimentazione e idratazione artificiali non possono costituire oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Se dovessero risultare inutili o dannose, saranno i medici a decidere.
Ma i cittadini italiani vogliono veramente affidare ai medici la decisione su come desiderano morire? Tramite la Fondazione Veronesi, all’inizio del 2007 volli affidare la risposta a un sondaggio, che è stato effettuato su un campione significativo di 4300 maggiorenni, e realizzato dall’Ispo, l’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione. Prima di parlare degli altri aspetti emersi dalla ricerca, mi sembra fondamentale rispondere alla domanda più importante, che il legislatore non può far finta di ignorare: a chi spetta la decisione? Agli intervistati è stato sottoposto un quesito molto dettagliato: «Se una persona è affetta da una malattia o lesione cerebrale irreversibile che le impedisce di esprimere la sua volontà e la costringe alla dipendenza da macchine, a chi dovrebbe aspettare la decisione di non somministrare o eventualmente sospendere i trattamenti che la tengono artificialmente in vita?».
Ebbene, ecco le risposte: solo il 5% degli intervistati ha detto che la decisione spetta al medico che ha in cura il paziente (in ospedale, in reparto di rianimazione, a casa), mentre il 50% ha risposto che la decisione spetta al paziente che ha espresso la proprio volontà in merito quando ancora era in piena lucidità mentale. Questa risposta è stata data dalla metà di coloro che si erano posti il problema e dal 40% di coloro che non se l’erano mai posto. Questa risposta mi sembra assolutamente illuminante e nettamente prevalente rispetto alle altre, che comunque riporto: il 20% ha risposto che la decisione spetta a un familiare (coniuge/genitore/figli o altri parenti), il 20% che la decisione non spetta a nessuno perché «la vita è un dono e bisogna fare di tutto per tutelarla», un altro 5% affida la decisione «a una commissione etica di esperti», e un residuo 1% «a un giudice/magistrato».
Il brano che pubblichiamo è tratto dal nuovo libro di Veronesi «Il diritto di non soffrire» (Mondadori)
Considero il testamento biologico l’atteggiamento più corretto soprattutto verso i medici curanti, cioè verso chi si troverà, concretamente, ad avere la responsabilità terapeutica di un individuo non più consapevole. Nel febbraio 2009 il giurista Stefano Rodotà, argomentando intorno al caso di Eluana Englaro, ha scritto: «Proprio nell’art. 32 il tema della costituzionalità della persona si manifesta con particolare intensità. Dopo aver considerato la salute come diritto fondamentale dell’individuo, si prevede che i trattamenti obbligatori possono essere previsti solo dalla legge, e tuttavia “in nessun caso” possono violare il limite imposto dal “rispetto della persona umana”. E’, questa, una delle dichiarazioni più forti della nostra Costituzione, poiché pone al legislatore un limite invalicabile, più incisivo ancora di quello previsto dall’articolo 13 per la libertà personale, che ammette limitazioni sulla base della legge e con provvedimento motivato del giudice. Nell’articolo 32 si va oltre. Quando si giunge al nucleo duro dell’esistenza, della necessità di rispettare la persona umana in quanto tale, siamo di fronte all’indicibile. Nessuna volontà esterna, fosse pure coralmente espressa da tutti i cittadini o da un parlamento unanime, può prendere il posto di quella dell’interessato. Siamo di fronte a una sorta di nuova dichiarazione di Habeas corpus, a un’autolimitazione del potere».
Il testamento biologico, che certifica la volontà dell’interessato, è quindi lo strumento più adatto a far sì che nessuna volontà esterna possa prevalere. A questo principio si ispirò nel 1997 la Convenzione di Oviedo sui diritti dell’uomo e la biomedicina, il cui articolo 9 prevede che vengano tenuti in considerazione «i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà». Per quanto riguarda il nostro Paese, il 18 dicembre 2003 il Comitato nazionale per la bioetica approvò un documento in cui si auspicava un intervento del legislatore volto a obbligare il medico a prendere in esame le dichiarazioni anticipate di volontà e a motivare ogni diversa decisione in cartella clinica. Purtroppo tutto si è fermato per il timore, da parte di chi è contrario all’eutanasia, che proprio il testamento biologico le aprisse un varco.
Così nella primavera del 2010, mentre una perfetta operazione mediatica presentava con grande risalto l’entrata in vigore della legge che organizza e finanzia le cure palliative, alla Camera, dov’è in gestazione la legge sul testamento biologico, passava tra le proteste di pochi un emendamento che inficia gravemente il diritto all’autodeterminazione del paziente: alimentazione e idratazione artificiali non possono costituire oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Se dovessero risultare inutili o dannose, saranno i medici a decidere.
Ma i cittadini italiani vogliono veramente affidare ai medici la decisione su come desiderano morire? Tramite la Fondazione Veronesi, all’inizio del 2007 volli affidare la risposta a un sondaggio, che è stato effettuato su un campione significativo di 4300 maggiorenni, e realizzato dall’Ispo, l’Istituto per gli studi sulla pubblica opinione. Prima di parlare degli altri aspetti emersi dalla ricerca, mi sembra fondamentale rispondere alla domanda più importante, che il legislatore non può far finta di ignorare: a chi spetta la decisione? Agli intervistati è stato sottoposto un quesito molto dettagliato: «Se una persona è affetta da una malattia o lesione cerebrale irreversibile che le impedisce di esprimere la sua volontà e la costringe alla dipendenza da macchine, a chi dovrebbe aspettare la decisione di non somministrare o eventualmente sospendere i trattamenti che la tengono artificialmente in vita?».
Ebbene, ecco le risposte: solo il 5% degli intervistati ha detto che la decisione spetta al medico che ha in cura il paziente (in ospedale, in reparto di rianimazione, a casa), mentre il 50% ha risposto che la decisione spetta al paziente che ha espresso la proprio volontà in merito quando ancora era in piena lucidità mentale. Questa risposta è stata data dalla metà di coloro che si erano posti il problema e dal 40% di coloro che non se l’erano mai posto. Questa risposta mi sembra assolutamente illuminante e nettamente prevalente rispetto alle altre, che comunque riporto: il 20% ha risposto che la decisione spetta a un familiare (coniuge/genitore/figli o altri parenti), il 20% che la decisione non spetta a nessuno perché «la vita è un dono e bisogna fare di tutto per tutelarla», un altro 5% affida la decisione «a una commissione etica di esperti», e un residuo 1% «a un giudice/magistrato».
Il brano che pubblichiamo è tratto dal nuovo libro di Veronesi «Il diritto di non soffrire» (Mondadori)
TRATTO DA
sabato 25 aprile 2009
Marco Malatesta
Sono Marco Malatesta, nato il 28 luglio 1978 a Montevarchi (AR).
Oggi, 25 aprile 2009 registro questo video leggendo un testo che io stesso ho formulato, consultabile interamente anche in forma scritta nello spazio web di YouTube dedicato alla descrizione del video stesso. Mi trovo nel pieno delle mie facoltà mentali, in un periodo della mia vita assolutamente sereno, in cui godo di ottima salute e in una giornata nella quale, come da mie abitudini, non ho assunto alcool o altre sostanze psicotrope.
Il mio pensiero su cui si basano le disposizioni che sto per elencare non può essere considerato il risultato di una particolare situazione emozionale dovuta ad esempio, come qualcuno potrebbe pensare, a un evento conosciuto di persona o grazie ai mass media. Si tratta anzi, come molte persone che mi conoscono possono testimoniare, del pensiero che mi appartiene da molti anni, tanto che riguarda il tema a me più caro delle battaglie politiche per i diritti civili alle quali ho partecipato.
Se in futuro, a causa una malattia o di un trauma sarà sopraggiunta una mia impossibilità di esprimere la volontà di continuare o interrompere la mia vita, e se, considerati i mezzi a disposizione della scienza medica al momento del sopraggiungimento di tale stato, questo risulti irreversibile, voglio che, indipendentemente dal fatto che io sia cosciente o non cosciente, siano attuate le seguenti disposizioni:
-non autorizzo alcuna manovra di rianimazione;
-non voglio essere alimento né idratato, né con ausili, né manualmente;
-non voglio essere assistito nella respirazione con alcun macchinario;
-in vista di una legalizzazione delleutanasia anche in Italia (che auspico fortemente), dispongo che alla mia vita si ponga fine attivamente nel modo più veloce e indolore possibile; in caso di impossibilità di procedere alleutanasia in Italia, voglio essere trasportato in un paese straniero nel quale leutanasia sia legale, affinché la si possa praticare su di me;
-fino al momento della mia morte, voglio che mi siano somministrati tutti i farmaci necessari ad alleviare più possibile le mie sofferenze fisiche, senza dare alcuna importanza al fatto che ciò possa o no aggravare le mie condizioni di salute;
-autorizzo lespianto dei miei organi per trapianti e per finalità didattiche e di studio scientifico;
-non voglio alcuna cerimonia funebre, e voglio che il mio corpo (o ciò che ne rimane dopo lespianto degli organi utili a trapianti o a studi didattici o scientifici) sia cremato, e che le mie ceneri siano disperse in natura.
Ai fini dellattuazione delle suddette volontà, nomino come rappresentanti fiduciari i miei fratelli Francesco Natalberto Malatesta e Andrea Malatesta, mia cognata Silvia Cianchi, mia nipote Carlotta Malatesta e il mio avvocato Domenico Borsellino, nato a Firenze il 13 febbraio 1975.
In alcuni dibattiti riguardanti il testamento biologico ho sentito dire che la persona non in grado di esprimersi potrebbe cambiare idea successivamente alla dichiarazione della sua volontà di terminare la propria vita. A chi sollevasse questo tipo di obiezione rispondo che, se cambierò idea, tempestivamente eliminerò questo video dal mio account di Youtube, dove altrettanto tempestivamente pubblicherò un altro filmato dove manifesterò le mie nuove volontà, e di ciò informerò i miei suddetti rappresentanti fiduciari, fornendo loro il link del filmato stesso, comunque facilmente reperibile. A chi addirittura arrivasse a obiettare che io possa cambiare idea successivamente alla perdita delle mie capacità di esprimermi e che dando seguito alle disposizioni sopra espresse sarebbe interrotta la mia vita contro la mia volontà rispondo che, pur teoricamente sussistendo questa possibilità, me ne assumo la responsabilità e confermo che comunque devono essere rispettate le mie ultime disposizioni da me espresse.
Lesclusivo valore teorico delle due suddette obiezioni (in particolare lultima) è confermato dal fatto che la volontà e il pensiero che ho sopra espresso sono gli stessi che ho sempre avuto fin da bambino, che non ho mai cambiato e che ritengo con certezza non cambieranno mai, il che è normale quando, come nella fattispecie, si tratta dei valori che una persona considera fra i più importanti.
Ciao, e a chiunque abbia visto questo video laugurio di essere sempre, in ogni momento e in ogni aspetto, padrone di sé stesso.
venerdì 10 aprile 2009
Miriam Della Croce
Poiché sono persuasa che il buon Dio non voglia assolutamente che le sue creature abbiano a soffrire inutilmente, e del resto anche se lo volesse io sarei ugualmente di parere contrario, qualora dovesse capitarmi d’ammalarmi di una malattia incurabile e di trovarmi in uno stato terminale, non desidero il prolungamento del mio morire.Ritengo, infatti, sia più saggio volare subito in paradiso anziché star lì a soffrire come una cretina. Se invece dovessi venirmi a trovare in stato vegetativo, sono certa che del mio corpo non me ne importerebbe un fico secco, e quindi se qualcuno dovesse sentirsi gratificato nel coccolarlo come una bambola oppure nel curararlo come se fosse una pianta da annaffiare, faccia pure, ché mi fa sempre piacere compiere una buona azione.Certo i medici devono essere certissimi che nel mio corpo non sia rimasto un barlume di coscienza e sensibilità, altrimenti preferisco che si sospenda ogni cura, ed anche alimentazione, idratazione, e ventilazione artificiale, giacché mi terrorizza il pensiero di trovarmi prigioniera in una statua di carne ed ossa senza la possibilità di comunicare; per me sarebbe un po’ come risvegliarmi (Dio me ne scampi; che brividi, per la miseria!) nella bara, dopo la sepoltura.
Miriam Della Croce
Miriam Della Croce
lunedì 30 marzo 2009
Raffaele Bianco
Testamento Biologico
Io sottoscritto Raffaele Bianco, nato a Torino l’8 agosto 1983, nella pienezza delle mie facoltà fisiche e mentali, dispongo quanto segue.
Qualora fossi affetto:
da una malattia allo stadio terminale,
da una malattia o una lesione traumatica cerebrale invalidante e irreversibile,
da una malattia implicante l’uso permanente di macchine o altri sistemi artificiali e tale da impedirmi una normale vita di relazione,
non voglio più essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico.
Nelle predette ipotesi:
qualora io soffra gravemente dispongo che si provveda ad opportuno trattamento analgesico pur consapevole che possa affrettare la fine della mia esistenza;
qualora non fossi più in grado di assumere cibo o bevande, rifiuto di essere sottoposto a idratazione o alimentazione artificiale;
qualora fossi anche affetto da malattie intercorrenti (come infezioni respiratorie e urinarie, emorragie, disturbi cardiaci e renali) che potrebbero abbreviare la mia vita, rifiuto qualsiasi trattamento terapeutico attivo, in particolare antibiotici, trasfusioni, rianimazione cardiopolmonare, emodialisi.
Sempre nelle predette ipotesi:
Rifiuto qualsiasi forma di continuazione dell’esistenza dipendente da macchine.
Detto inoltre le seguenti disposizioni:
non richiedo alcuna assistenza religiosa;
il mio corpo può essere donato per trapianti;
il mio corpo può essere utilizzato per scopi scientifici e didattici.
Lo scopo principale di questo mio documento è di salvaguardare la dignità della mia persona, riaffermando il mio diritto di scegliere fra le diverse possibilità di cura disponibili ed eventualmente anche rifiutarle tutte, diritto che deve essere garantito anche quando avessi perduto la mia possibilità di esprimermi in merito.
questo al fine di evitare l’applicazione di terapie che non avessero altro scopo di prolungare la mia esistenza in uno stato vegetativo o incosciente e di ritardare il sopravvenire della morte.
Io sottoscritto Raffaele Bianco, nato a Torino l’8 agosto 1983, nella pienezza delle mie facoltà fisiche e mentali, dispongo quanto segue.
Qualora fossi affetto:
da una malattia allo stadio terminale,
da una malattia o una lesione traumatica cerebrale invalidante e irreversibile,
da una malattia implicante l’uso permanente di macchine o altri sistemi artificiali e tale da impedirmi una normale vita di relazione,
non voglio più essere sottoposto ad alcun trattamento terapeutico.
Nelle predette ipotesi:
qualora io soffra gravemente dispongo che si provveda ad opportuno trattamento analgesico pur consapevole che possa affrettare la fine della mia esistenza;
qualora non fossi più in grado di assumere cibo o bevande, rifiuto di essere sottoposto a idratazione o alimentazione artificiale;
qualora fossi anche affetto da malattie intercorrenti (come infezioni respiratorie e urinarie, emorragie, disturbi cardiaci e renali) che potrebbero abbreviare la mia vita, rifiuto qualsiasi trattamento terapeutico attivo, in particolare antibiotici, trasfusioni, rianimazione cardiopolmonare, emodialisi.
Sempre nelle predette ipotesi:
Rifiuto qualsiasi forma di continuazione dell’esistenza dipendente da macchine.
Detto inoltre le seguenti disposizioni:
non richiedo alcuna assistenza religiosa;
il mio corpo può essere donato per trapianti;
il mio corpo può essere utilizzato per scopi scientifici e didattici.
Lo scopo principale di questo mio documento è di salvaguardare la dignità della mia persona, riaffermando il mio diritto di scegliere fra le diverse possibilità di cura disponibili ed eventualmente anche rifiutarle tutte, diritto che deve essere garantito anche quando avessi perduto la mia possibilità di esprimermi in merito.
questo al fine di evitare l’applicazione di terapie che non avessero altro scopo di prolungare la mia esistenza in uno stato vegetativo o incosciente e di ritardare il sopravvenire della morte.
Iscriviti a:
Post (Atom)