lunedì 8 settembre 2008

Ivano Porpora

lunedì 8 settembre 2008
Il mio testamento biologico

Sono le 9.38 di un lunedì di settembre 2008.

Grazie a Dio non conosco la data esatta, e mi posso pure permettere di non saperla.

Nonostante quanto abbia appena dichiarato, credo di essere nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, per quanto questa frase possa avere un senso compiuto. Per quanto possiamo sottoscriverla a fondo e, senza una sottile sofferenza interiore, credere di non bestemmiare se la sigliamo sotto un “In fede”.

Non conosco la formula del testamento biologico, ma ho trovato quella del sig. Mirci soddisfacente. Quindi la copierò, provvedendo a sostituire dove serve le mie generalità alle sue.


Io sottoscritto Ivano Porpora, nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, e nella speranza che quanto scriverò appresso non trovi mai le condizioni per verificarsi, dispongo quanto segue, da eseguirsi nel caso in cui, per incidente o malattia, io cada in stato di coma irreversibile.


Mi piace. Quindi lo convalido. Un piccolo appunto: non ho la speranza che quanto scrivo non succeda. Sto infatti pensando seriamente alla morte, in questo periodo, in un modo che reputo un po' diverso da quello di Billy Cristal in Harry ti presento Sally. E pertanto credo che, quando dovrà succedere, succederà. Non si tratta di fatalismo, per carità. E se siete avvocati con coscienza, come ha coscienza di sicuro mio fratello che avvocato lo è, potrete capirlo. Si tratta di fede. E quando la fede si intromette nelle faccende di vita le scombussola al punto che ti trovi, a volte, a dover usare le stesse espressioni di prima capendo però che non avranno, necessariamente, lo stesso senso di prima.

Torniamo al testamento: eravamo a 'irreversibile'.

Non sono mai stato un amante della scienza medica, e avendo lavorato a lungo negli ospedali – o, meglio, avendo avuto a che fare con gli ospedali da esterno – ho avuto modo di convertire questo sottile non-amore in una sorta di paura.

Resta però che esiste un'altra scienza, parallela, così come esistono avvocati paralleli e una Chiesa parallela. E allora a questa scienza parallela mi rivolgo.

E chiedo, a questa scienza parallela, di valutare le mie reali possibilità di tornare ad essere un essere in pieno dispiegamento.

Chiariamo. Dopo aver assistito ad una conferenza di Jollien con 'pieno dispiegamento' non intendo il dispiegamento delle mie facoltà sessuali, né di quelle fisiche. Parlo semplicemente di una possibilità che si possa valutare con le facoltà della ragione e quelle della non-ragione, a me molto care, che io possa tornare ad una dignità della vita.

Questo richiede tempo per la valutazione, lo ammetto, e tempo anche per la mera osservazione. Alla valutazione e all'osservazione demando voi, medici, insieme a Silvia e alla mia famiglia. Con 'insieme' intendo necessariamente che, in caso di scontro (e conoscendo Silvia ammetto che il fatto è più che una mera ipotesi), fatto passare un tempo ragionevole (che potremmo stimare in un annetto) saranno Silvia e la mia famiglia a decidere.

E se dovessero decidere per staccare la spina, lo dico con un nodo alla gola, reputerò questa come una scelta corretta. Perché credo fermamente che parte integrante della vita sia anche la non-vita, sia anche l'accettazione che una non-vita può esistere (fatti salvi i principi cristiani cui uno può credere e uno no). L'alimentazione tramite sondino e l'aiuto tramite respirazione artificiale possono essere utili se volti ad essere transitori, non condizione continua per sopravvivere mentre non c'è stato di coscienza. Questo lo chiamo accanimento terapeutico, e questo credo sia lontano dal mio modo di concepire la vita e dal modo in cui credo che Dio abbia concepito la mia vita. Per questo motivo lo ritengo anche contrario alla mia religione cristiana cattolica e una forte lesione, oltre che ai miei diritti, anche alla mia missione sulla terra.

Continuando con questo testamento. Vorrei che ci fosse la banda al funerale, e che suonasse Bandiera rossa e L'astronave che arriva di Sergio Caputo. Il primo perché a me la banda che suona durante i funerali piace, e perché dalle mie parti suonare Bandiera rossa ha un senso che travalica il fatto di essere o meno comunisti.

Il secondo perché nel refrain ha Bon voyage, e quando lo sentii per la prima volta pensai che morire accompagnati da quella musica, proprio nel momento in cui la bara scende e io dopo aver buttato un ultimo occhio salgo, sarebbe stato un buon morire.




Bene. Fin qui è fatta. L'ultima disposizione riguarda le mie proprietà e i miei scritti, perché per me fare testamento ha una accezione completa anch'esso.

Le mie proprietà non le ho mai reputate mie, quindi Silvia e la mia famiglia dividano i miei possedimenti materiali secondo le loro esigenze. La casa non la vendano: le case non si vendono, a meno che non ci sia reale bisogno.

I miei libri li tenga Silvia e scelga lei che farne. Solo una cosa: quelli di scacchi dateli a Gianni e Stefano. Se li ripartiranno tra loro.

Sui miei scritti, infine, chiedo che Silvia mandi fotocopia del faldone (che sta sul tavolino che abbiamo comprato insieme alla mostra missionaria, ma che dovrebbe stare sull'ultimo ripiano della libreria) a Giulio Mozzi, assieme a fotocopia di tutti i quaderni e a tutti i file .doc, .docx e .odt che sono sul computer e sui dischi fissi.

Qualcuno la aiuti che lei col computer non ci sa fare tanto.

Penso che Giulio sia una persona onesta, quindi affidategli tutto. Se se ne può trarre un ricavato bene, che questo vada ripartito, fatte salve le spese, tra Silvia e la mia famiglia. Loro sapranno come amministrarlo. Ricordatevi solo che è nostro solo ciò che ci serve per il sostentamento e per una vita dignitosa; il resto non è nostro.

Se non si può trarre nessun ricavato dagli scritti teneteli come ricordo di me.

Credo di essere stato una buona persona.

Pubblicato da Ivano Porpora alle 10.16

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