domenica 15 febbraio 2009

Marco Ursano

Sono fortunato.
Perché ho la possibilità ogni domenica di scrivere quello che penso in uno spazio libero come questo giornale. Un privilegio, che molti non hanno e che oggi sfrutterò impropriamente a mio esclusivo favore. Interesse privato in uno spazio pubblico, come lo è un giornale, anche se di un editore privato. Perché quando l’informazione è libera, è di tutti. Ma oggi voglio essere io al centro dell’attenzione, voglio che si parli di me. Ed ho bisogno di testimoni. Oggi scrivo il mio testamento biologico. Sono in grado di intendere e di volere, e padroneggio abbastanza bene le mie comuni facoltà mentali, come possono testimoniare amici e colleghi di lavoro; ho smesso di fumare, pratico molto sport ed una sana alimentazione con pochissimo alcool, solo qualche buon bicchiere di vino ogni tanto. Quindi, anche la mia salute è buona. Condizione ideale per scrivere queste righe. Scrivo il mio testamento biologico perché ho paura. Non di morire, non tanto. Toccherà anche a me, prima o poi. Speriamo il più tardi possibile, laicamente parlando. Speriamo che mi tocchi quando le cose che mi sono prefisso di compiere nella vita non dico siano a buon punto, ma almeno cominciate. E spero che accada prima della morte dei miei affetti più cari, perché, egoisticamente, non sopporterei di sopravvivere senza le persone che amo. Lo scrivo perché ho paura di due cose: che per un malaugurato incidente io mi possa ridurre in uno stato di coma vegetativo irreversibile e che qualcun altro, qualcuno che io NON ho delegato, che sia un Parlamento, un Governo, un’Autorità religiosa o politica qualsiasi, decida al mio posto se io debba vivere o meno quella condizione. In alte parole, decida al posto mio se, in caso di coma irreversibile vegetativo senza ombra di dubbio acclarato, io debba essere tenuto in vita comunque, attraverso l’alimentazione artificiale. Dichiaro quindi di fidarmi della scienza medica, e se dovesse succedere che una struttura sanitaria di valore certificato dichiarasse il mio coma irreversibile, l’affermazione deve essere accolta come verità incontestabile dai miei familiari per mio conto; dichiaro di fidarmi della scienza medica nel momento in cui afferma in tutto il mondo ed in tutti i protocolli sanitari che l’alimentazione artificiale è, a tutti gli effetti, una cura medica;dichiaro che, in caso la prima dichiarazione risultasse veritiera, di non volere assolutamente ed in nessun modo essere sottoposto ad alimentazione forzata, ma, al contrario, esigo che il mio corpo sia lasciato spegnere in modo naturale;dichiaro di affidare l’esecuzione di queste mie volontà in primo luogo alla compagna della mia vita, mia moglie Francesca, e subito dopo ai miei familiari più stretti. Queste sono le mie volontà, coloro che leggono ne sono testimoni. Mi auguro davvero che, se mai ce ne fosse bisogno, possano essere rispettate in modo legalmente consentito da un ordinamento civile, democratico e rispettoso del diritto inalienabile, di ogni essere umano, di disporre autonomamente e liberamente del proprio corpo e del proprio destino.Se così non fosse, se mi trovassi nella condizione di coma vegetativo irreversibile e se fosse in vigore una legge che vieta la mia libertà di scelta e che mi obbligasse a subire una condizione per me assolutamente intollerabile, mi auguro che le persone a me vicine sappiano comunque trovare il modo di rispettare le mie volontà.Una piccola spiegazione, doverosa, se non altro per rispettare l’attenzione che mi regalano coloro che leggono queste righe: io potrei sopportare, a prezzo di enormi sofferenze e sacrifici, anche una vita segnata da una condizione di grave mutilazione. Sono sicuro che potrei sopportare le tragedie di non correre più perché costretto su una sedia a rotelle, di non vedere più un tramonto africano perché privato della vista, di non ascoltare più un assolo di Miles o Coltrane perché impedito nella mia capacità di udire; potrei forse, e dico forse, ma comunque dovrei scegliere io se e come farlo, sopportare l’estrema condanna di vivere cosciente, immobile in un letto e collegato ad una macchina. Forse, e dico ancora forse, potrei sopportarlo, a patto di avere ancora facoltà di pensiero e di sentimenti e di poterlo decidere liberamente. Ma non potrei mai tollerare di vivere come un vegetale, e costringere chi mi sta accanto ad un simile calvario. Senza pensieri, senza sentimenti e relazioni non c’è vita. Io non vorrò mai essere solo un tubo digerente, una creatura biomeccanica, senza umanità alcuna.Oggi il cielo sopra La Spezia, la mia città, è particolarmente terso e presente.Sarà il freddo pungente e l’aria rarefatta e gelida dell’inverno, che lo rende di un turchino così intenso. Un cielo così e questo sole favorisce l’umore anche nella tristezza, senza dubbio. Un pensiero è affiorato inesorabile, frugando dentro di me per scrivere queste righe, vi assicuro, difficili. Anzi, un paio di pensieri. Uno è dedicato ad Eluana, che finalmente riposa in pace e nella serenità del rispetto della sua volontà e della sua memoria. L’altro, va ad un uomo buono e generoso, che ci ha insegnato cosa sono davvero l’amore per una figlia, la dignità, l’impegno civile e la democrazia. Massimo rispetto, ed affetto, per Beppino Englaro.
15/02/2009 14:48:39
Marco Ursano

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